Messa a Focus 05/2020

L’impiego dello smart working a cui ricorrono moltissime aziende e professionisti in queste settimane richiede l’utilizzo di programmi per la condivisione dei progetti, per collaborazioni a distanza e per comunicazioni collettive online. Il focus group OAT BIM e nuove tecnologie ci fornisce alcune indicazioni di base per organizzare il nostro lavoro a distanza, usufruendo del vastissimo spettro di software dedicati, molti dei quali sono scaricabili gratuitamente.

Le tecnologie digitali offrono molti strumenti basati su soluzioni remote che sono in grado di rendere più efficiente il nostro modo di lavorare, di riorganizzare il calendario in maniera più funzionale e di essere più produttivi.
Nei giorni del lockdown abbiamo visto come professionisti e aziende, pur non essendo attrezzati per lo smart working – addirittura improvvisando con connessioni domestiche e pc portatili designati per lo svago -, siano riusciti a dare continuità al proprio percorso lavorativo. Lo stesso vale per la didattica digitale, che sta in qualche modo salvando l’anno scolastico.

Gli strumenti a nostra disposizione sono moltissimi, oltretutto considerando che in questo periodo quasi tutte le software house stanno offrendo, in modo gratuito, almeno due mesi di utilizzo dei loro prodotti e servizi. Un’occasione ideale per approfittare in modo costruttivo della domiciliazione forzata, per ampliare il range di competenze a supporto del nostro lavoro. L’ecosistema software è davvero molto ampio, come dimostra la selezione Solidarietà Digitale curata da AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) in collaborazione con il Ministero per l’Innovazione Digitale.

Anche se la definizione di smart working dovrebbe assumere una connotazione più ampia, due possibili posizioni di partenza utili ad abilitare il lavoro a distanza sono:

  • l’adozione di piattaforme di condivisione file e per riunioni online;
  • l’uso di strumenti di revisione e di collaborazione su progetti che richiedono necessariamente l’azione di un team delocalizzato.

Meeting / File storage
L’impossibilità di effettuare riunioni fisiche costringe tutti i soggetti coinvolti a riunirsi virtualmente, utilizzando applicazioni ad hoc. Le alternative disponibili sono davvero molte: nella suite Microsoft Office 365 troviamo ad esempio Teams, erede designato di Skype for Business, in grado di offrire anche servizi di videoconferenza; sta riscontrando un ottimo successo Zoom e la stessa Google sta offrendo gratuitamente l’intera G Suite, anche nelle versioni business. Potremmo andare avanti per ore.
Se utilizzata in modo corretto, una qualsiasi applicazione di videoconferenza consente di ridurre i tempi e i costi legati alle riunioni. Ci si sta rendendo conto che per una riunione di mezz’ora non è sempre necessario prendere un treno, un aereo o attraversare un’intera città, compiendo spostamenti che rischiano di portarsi via almeno una mezza giornata.

Si tratta dunque di benefici che vanno ben oltre il fatto di ovviare alle attuali restrizioni, e lo stesso vale per la condivisione e l’accesso ai file di lavoro, un’altra delle esigenze fondamentali del lavoro a distanza. Anche in questo caso le alternative non mancano.
Se i singoli professionisti sono in parte esonerati dal problema, i piccoli studi e le società che dispongono di un data server presso i loro uffici dovrebbero implementare delle VPN (virtual private network) che consentano, attraverso una connessione sicura, a tutti i collaboratori di accedere direttamente ai dati localizzati in ufficio. Possono inoltre sfruttare i vari servizi cloud disponibili per il semplice storage dei file (Dropbox, OneDrive, Google Drive, ecc.) o le piattaforme proprietarie dei software di progettazione.

Design collaboration software
Dopo aver predisposto la possibilità di accedere in remoto ai file ed effettuare le riunioni di lavoro, arriva il momento di occuparsi dei progetti veri e propri. In questo caso le due operazioni fondamentali sono la revisione dei progetti e – nel caso di una collaborazione continuativa di più utenti sugli stessi file/progetti – l’utilizzo di un vero e proprio design collaboration software.
Anche in questo caso, non si tratta di inventare nulla di nuovo, ma di prendere confidenza con strumenti e piattaforme già disponibili da diverso tempo. Tutti i principali CAD e software 3D utilizzati nella progettazione architettonica dispongono infatti di strumenti di revisione, che consentono di lavorare sui file con dei sistemi di annotazione intuitivi.

Un concetto, questo, che assume ulteriore rilevanza se prendiamo in esame i software BIM, la cui natura è proprio quella di consentire la condivisione e l’interoperabilità sui progetti. I principali dealer BIM (Revit, Archicad, ecc.) dispongono di piattaforme cloud dedicate, che nel periodo legato all’emergenza Covid-19 vengono messe gratuitamente a disposizione di tutti gli utenti.
Le logiche alla base di un design collaboration software consentono di:

  • aumentare la produttività grazie ad un sistema IT integrato;
  • ridurre gli errori;
  • ottimizzare l’efficienza generale rendendo univoche le operazioni sui progetti – fattore che accelera le revisioni e, di conseguenza, i tempi di sviluppo di ciascun progetto.

La metodologia BIM consente dunque un approccio funzionale che si avvia verso una fase sempre più matura, al punto che i suoi principi fondamentali coincidono con le prassi di una buona organizzazione e gestione dei progetti, a prescindere dai software utilizzati.

Formazione gratuita
La sperimentazione di nuovi strumenti non può prescindere da un adeguato supporto formativo. Sia le software house che le principali piattaforme di learning stanno offrendo periodi gratuiti per usufruire di singoli corsi o addirittura dell’intero catalogo. Un’occasione importante per sfruttare in modo costruttivo il tempo a nostra disposizione e valutare più alternative che possono rivelarsi utili nel nostro specifico range di attività.

Francesco La Trofa
Focus group OAT BIM e nuove tecnologie

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