Le tariffe professionali

Cosa sono e qual è oggi la situazione delle tariffe professionali? Per fare il punto abbiamo ricostruito le varie fasi normative, dall’abolizione delle tariffe nel 2012 alla situazione attuale. Obiettivo è capire quali sono i “parametri” definiti dalle recenti normative e in quali i determinati e limitati casi in cui possano trovare applicazione, e inoltre comprendere in quale direzione stia evolvendo la tutela dell’equo compenso in risposta alla deregulation cui stiamo assistendo nell’ultimo decennio.

L’approfondimento a cura dell’Avv. Maurizio Goria, consulente dell’Ordine Architetti Torino:

 

Cosa sono le tariffe

La Tariffa degli architetti e degli ingegneri è stata approvata dalla Legge n. 143/1949, che è stata il punto di riferimento per il settore sino agli anni 2000.

Infatti, non essendo obbligatorio il contratto fra le parti, in caso di contestazione, sia l’Ordine, sia il Giudice, determinavano il compenso con riferimento a detta Legge e sue successive modificazioni.

Successivamente, la Legge 340/1976 statuì l’inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali, poi limitata ai soli rapporti fra privati dalla successiva L. 404/1977.

La Legge n. 248/2006 (Pacchetto Bersani), con l’art. 2, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza, ha abrogato, tra l’altro, tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime.

Da precisare che con tale normativa non è stata abrogata la tariffa, ma l’inderogabilità dei minimi. In caso di disaccordo o contenzioso, il compenso era, infatti, ancora definito in base alla Legge 143/1949.

L’obbligo di pattuire il compenso in forma scritta

Con il D.L. n. 1 /2012 (Decreto Monti), convertito nella L. 27/2012, e successive modificazioni, sono state eliminate le tariffe professionali ed è stato introdotto l’obbligo per il professionista di pattuire in forma scritta un compenso per l’incarico, nonché l’obbligo di assicurazione professionale.

Con tale normativa e con le successive viene dunque stabilito l’obbligo del professionista di pattuire con il committente il compenso in forma scritta, rendendo noti al cliente:

  • il grado di complessità dell’incarico;
  • tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento dell’incarico alla sua conclusione;
  • gli estremi della polizza assicurativa per eventuali danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale, con l’indicazione dei massimali.

Successivamente, in attuazione dell’art. 9, comma 2, del D.L. 1/2012, il decreto del Ministero della Giustizia n. 140/2012 ha determinato i parametri per la liquidazione giurisdizionale dei compensi (artt. 33 e ss.) ed il successivo D.M. n. 143/2013 (poi sostituito dal D.M. 17 giugno 2016) ha definito i parametri da utilizzare per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria.

Quindi, a seguito delle sopra citate disposizioni normative:

  • è fatto divieto a Ordini e iscritti di fare riferimento alla tariffa per la determinazione dei compensi;
  • il compenso professionale è liberamente pattuito tra professionista e cliente al momento del conferimento dell’incarico quale accordo sulla base dei criteri dettati dall’art. 9, comma 4, del D.L. 1/2012. Nella loro autonomia privata le parti possono fare riferimento a qualsiasi parametro ai fini della determinazione del compenso; l’importante che ci sia un “Accordo” e che questo sia sottoscritto, occorrendo però evitare citazioni in contrasto con quanto stabilito dalla normativa (es. riferimenti alla tariffa abrogata);
  • in caso di varianti o di incremento di oneri non prevedibili al momento della stipula dell’inziale accordo, questo può essere rimodulato, ma deve essere preventivamente esplicitato in forma scritta e sottoscritto dalle parti;
  • il D.M. n. 140/2012 si applica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, quando l’organo giurisdizionale deve liquidare il compenso dei professionisti in difetto di accordo e/o di contrasto tra le parti in ordine al compenso. In caso di liquidazione giudiziale occorre rimarcare che:
    • il Giudice ha una elevata discrezionalità, potendo anche aumentare o diminuire il compenso del professionista di regola fino al 60% di quello altrimenti liquidabile;
    • la mancanza di prova del preventivo di massima costituisce elemento di valutazione negativa da parte del Giudice ai fini della liquidazione del compenso;
  • il D.M. n. 143/2013 ha stabilito, invece, i parametri da utilizzare per la determinazione della base di gara nel caso di procedure pubbliche di affidamento (N.B. I parametri sono gli stessi del D.M. 140/2012). Tale decreto è stato sostituito, dapprima, dal D.M. 17 giugno 2016, adottato in seguito all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 50/2016 (codice dei contratti pubblici) e poi, recentemente, dall’allegato I.13 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, approvato con D.Lgs. 36/2023, il cui art. 41, comma 15, rimanda, appunto, al detto Allegato al fine della determinazione dei corrispettivi che dovranno essere utilizzati dalle Stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento. L’Allegato I.13 modifica e integra i parametri del D.M. 17 giugno 2016, in attesa di una riformulazione complessiva dei parametri.

L’equo compenso

Il 20 maggio 2023 è entrata in vigore la Legge 21 aprile 2023 n. 49, sul cosiddetto “Equo compenso”.

Tale normativa riguarda i rapporti fra gli iscritti agli Ordini e Collegi professionali, nonché fra i professionisti di cui al comma 2 dell’art. 1 Legge 4/2013, relativo alle professioni non riconosciute, e talune categorie di imprese, segnatamente, le imprese bancarie, assicurative, e loro controllate o mandatarie, imprese con più di 50 lavoratori, con ricavi superiori a dieci milioni di euro l’anno, pubbliche amministrazioni e società a partecipazione pubblica, quando tali rapporti abbiano ad oggetto le prestazioni d’opera intellettuale di cui agli artt. 2230 e segg. c.c.. In sostanza, la Legge in questione ha un ambito di applicazione limitato ai casi in cui il professionista si trovi a contrattare con un soggetto “forte”.

La Legge riguarda le convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore delle dette imprese, nonché ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista.

La Legge colpisce gli accordi tra impresa e professionista in ragione della disparità di forza contrattuale tra le parti. Detti accordi, cioè, si presumono imposti dall’impresa anche se la proposta provenga dal professionista e tale presunzione può essere superata dalla argomentata prova contraria che l’accordo è stato discusso analiticamente dopo trattative effettive, a nulla valendo mere clausole di stile quali “il presente accordo è frutto di negoziazione fra le parti”.

L’equo compenso è definito dall’art. 1 della Legge come un compenso che soddisfa due condizioni:

  1. È proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale;
  2. È conforme ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del D.L. 1/2012, convertito con modificazioni nella Legge n. 27/2012: si tratta dei sopra citati decreti che hanno introdotto i parametri ai quali i Giudici devono attenersi per determinare i compensi in caso di controversie (D.M. 140/2012) e hanno fissato i parametri per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara negli appalti di servizi per architetti e ingegneri (D.M. 17/06/2016, ex D.M. 143/2013).

Saranno, invece, nulle le pattuizioni che prevedono un compenso manifestamente sproporzionato all’opera prestata o al servizio reso, cioè inferiore ai suddetti parametri.

La Legge sanziona con la nullità la clausola che prevede per il professionista un compenso inferiore a   quello definibile come equo, ma, altresì, le clausole che:

  • non tengono conto dei costi sostenuti dal professionista;
  • vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione ovvero gli impongono di anticipare le spese;
  • prevedono termini di pagamento superiori ai 60 giorni dall’emissione della fattura.

Sono nulle, altresì, le clausole contrattuali “salvo buon fine”, le prestazioni retribuite a scalare, gli obblighi di utilizzo a pagamento dei software del committente.

 

Due ulteriori considerazioni:

  • La nullità colpisce anche la previsione secondo cui in caso di accordo-quadro, sostitutivo di altro precedente, il nuovo compenso inferiore pattuito si applichi anche agli incarichi pendenti, non ancora definiti o fatturati.
  • Si tratta di nullità di protezione, cioè disposta solo a favore del professionista, azionabile dallo stesso, ma anche d’ufficio dal Giudice nel caso in cui in corso di causa il professionista non l’abbia sollevata.

Conseguenze e sanzioni

Dichiarata la nullità della clausola, al professionista spetterà la rideterminazione giudiziale del compenso. Oltre a ciò, il Giudice potrà condannare l’impresa anche al pagamento di un indennizzo a favore del professionista di ammontare fino al doppio della differenza fra equo compenso e compenso pattuito, oltre che al risarcimento dei danni.

Al professionista è data un’ulteriore facoltà di azione: la richiesta di un parere di congruità al proprio Ordine di appartenenza che avrà efficacia di titolo immediatamente esecutivo nei confronti dell’impresa.

Ulteriore agevolazione per il professionista è che la prescrizione dell’azione decorre dal momento in cui cessa il rapporto con l’impresa e che, nel caso di pluralità di prestazioni rese con un unico incarico o convenzione, o contratto, la prescrizione decorre dal giorno del compimento dell’ultima prestazione, tranne il caso di prestazioni periodiche.

E’, infine, prevista una class action a tutela di diritti omogenei dei professionisti e sanzioni deontologiche a carico dei professionisti per la violazione dell’obbligo di convenire un equo compenso.

Si tratta, in conclusione, di norme a protezione dei professionisti nei confronti di committenti ritenuti più forti, ma volta anche a scoraggiare e punire pratiche scorrette di concorrenza fra gli stessi professionisti.

Da rimarcare, infine, che il nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con D.lgs 36/2023, prevede espressamente che: “Le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso” (art. 8. comma 2).

Nell’ottica del nuovo codice, gli appalti di gara devono dunque porsi in linea con l’equo compenso. Da ciò dovrebbe dunque discendere che il compenso del professionista, quale componente del corrispettivo posto a base di gara ai sensi del già citato art. 41 c. 15, D.Lgs. 36/2023, non è ribassabile, con conseguente inapplicabilità del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso.

Per quel che concerne invece il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, questo dovrebbe essere applicato ai sensi dell’art. 108 c. 5 D.lgs. 36/2023, cioè sulla base dei soli criteri qualitativi ed a prezzo fisso.

Naturalmente, trattandosi di normative di recentissima introduzione, occorrerà sul punto attendere gli sviluppi dell’applicazione giurisprudenziale.

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