La parola al presidente 06/2020

Cari colleghi,

l’emergenza che stiamo vivendo avrà molti strascichi. Al di là degli aspetti economici su cui mi sono soffermato già diverse volte e nella cui gestione il Consiglio dell’Ordine è attivo su tutti i tavoli della politica, ci saranno ricadute anche in termini sociali che richiederanno l’intervento dell’architetto.

Al di là di quello che sarà previsto dai regolamenti nazionali e regionali,

è facilmente prevedibile che almeno in una prima fase ci sarà una generale attenzione a mantenere le distanze dalle altre persone. Questo avrà inevitabilmente conseguenze sulla progettazione o riprogettazione degli spazi pubblici e degli spazi ad accesso pubblico.

Non ci sarà probabilmente una città post-covid, ma ci saranno tante città post-covid che cambieranno man mano che recupereremo libertà di movimento e confidenza alla vita pubblica. C’è chi afferma che la piazza perderà il ruolo che ha assunto tradizionalmente nelle città italiane. Questa posizione non mi vede concorde: credo che torneremo a vivere le piazze, magari con regole diverse. Allo stesso modo in cui abbiamo ricominciato a volare dopo l’11 settembre e abbiamo continuato a partecipare a eventi pubblici dopo gli attacchi terroristici in Francia.

In questa fase di riappropriazione dello spazio e della socialità, l’architetto potrà svolgere un ruolo importante per la progettazione del distanziamento sociale e della progressiva riduzione dello stesso.

I negozi, i bar e i ristoranti, luoghi per lo sport, i servizi per la cura alla persona, gli uffici,… per tornare in attività avranno bisogno di una riorganizzazione spaziale e di una nuova messa in sicurezza che necessiterà delle capacità dell’architetto. Come da ogni crisi, anche in questo caso potranno nascere nuovi mercati e nuove opportunità.

La reclusione forzata negli spazi domestici ha imposto una riflessione anche sulla capacità delle nostre case di rispondere alle esigenze contemporanee. Tematiche che nell’edilizia residenziale erano diventate secondarie ora sono tornate protagoniste del dibattito: la dimensione delle nostre case innanzitutto è diventata una discriminante per la qualità della vita, poi la presenza di spazi all’aperto e di servizi collettivi.

Credo che questa esperienza influenzerà la progettazione delle abitazioni del futuro. E in questo forse Torino potrà anche fare da apripista: chissà che questa esperienza non crei opportunità per la riconversione dei milioni di metri quadri di edifici industriali dismessi?

La comunità degli architetti deve avere un ruolo attivo in questa situazione. Per questo ci stiamo confrontando con i partecipanti dei focus group, con i consiglieri e i membri del comitato di indirizzo per delle proposte per ripensare la città per il post Covid. Se anche tu vuoi condividere il tuo pensiero, scrivici.

Massimo Giuntoli
Presidente Ordine Architetti PPC Torino

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