La parola al presidente 10/2017

Cari colleghi,
recentemente siamo stati sollecitati da alcuni iscritti in merito ad un intervento di restauro su un edificio di pregio architettonico, in via Cesare Battisti angolo via Accademia delle Scienze, in poche parole a fianco di Palazzo Carignano. L’incarico è stato affidato ad un ingegnere, benché, essendo un edificio di “rilevante carattere artistico”, dovrebbe essere di competenza degli architetti.

La settimana scorsa è stato pubblicato il correttivo al Decreto Sismabonus che ha eliminato il vincolo della laurea in architettura o in ingegneria per l’attestazione dell’efficacia degli interventi volti alla riduzione del rischio sismico, aprendo quindi le porte anche a geometri e periti.

Di poco precedente, a fine febbraio, la sentenza del TAR della Campania secondo la quale le opere di urbanizzazione primaria (cioè le opere afferenti la viabilità, gli acquedotti, i depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione) spettano in modo esclusivo agli ingegneri, a meno che queste non siano di pertinenza di singoli edifici civili.

Questi episodi, dalla portata e dalle ricadute differenti, mi danno lo spunto per avviare una riflessione più ampia sul riordino delle competenze tra le diverse categorie professionali. E su questo tema sollecito in particolare il Consiglio Nazionale: i primi risultati dell’indagine che il CNA ha commissionato al Cresme per verificare quante architetture sono state disegnate da architetti in Italia dal Dopoguerra ad oggi mostrano percentuali molto basse e ci fanno capire l’importanza e l’urgenza di un intervento su questo tema per dare il giusto valore alla nostra categoria.

Il riferimento legislativo per distinguere tra attività di architetti e ingegneri è dato dagli articoli 51 e 52 del Regio Decreto 2537/1925: da allora è passata molta acqua sotto i ponti e crediamo sarebbe opportuno un aggiornamento.

D’altra parte, bisogna anche lavorare sul lato dell’offerta.

La competizione con altre categorie professionali non si vince (solo) imponendo delle barriere, ma anche investendo sulle capacità degli architetti, sulla qualificazione della categoria e sulla promozione del nostro lavoro.

Il tema della valorizzazione degli iscritti è infatti al centro delle nostre politiche: l’iniziativa Open Studio e la call per premiare con un fotoreportage le opere degli iscritti (entrambe all’interno del festival Architettura in Città) vanno esattamente in questa direzione e sono state volute e sostenute dal Consiglio dell’Ordine per favorire la visibilità degli architetti.

Massimo Giuntoli
Presidente Ordine Architetti PPC Torino

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