Con profonda commozione la Presidente Roberta Ingaramo e tutto il Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Torino apprendono la notizia della scomparsa dell’Arch. Pietro Derossi.
«Nei giorni scorsi ci ha lasciati uno degli architetti più eclettici del nostro territorio, Pietro Derossi, architetto, designer, professore, prima al Politecnico di Torino e poi a quello di Milano. La sua ricerca colta e spesso giocosa lo vede spaziare tra il Piper, ancora oggi uno dei locali più suggestivi di Torino, oggetti di design esposti al MoMA di New York e edifici all’IBA di Berlino, che lo vedono impegnato in una delle operazioni internazionali di ricostruzione più iconiche della seconda metà del ‘900 europeo. La Derossi associati, fondata con i figli, continua il suo lavoro. Tradizione ed innovazione si configurano come principi di una professione in continuo, rapido divenire di cui Derossi resterà sempre riferimento di uno sforzo teoretico – fu grande amico di Gianni Vattimo – da cui partire per perseguire una ricerca architettonica che non dimentichi le nostre radici.» – Roberta Ingaramo, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino
Il ricordo di Pietro Derossi va oltre la semplice enumerazione delle sue opere: il suo contributo continua a vivere in un modo nuovo e diverso di intendere l’architettura. Per questo è stato spesso definito l’architetto del Radical Design: in lui l’oggetto e la città, il progetto e la teoria, convivevano senza gerarchie, con l’idea che lo spazio fosse sempre un campo di libertà e di relazione.
Gli arredi ideati con il gruppo Strum – dal Pratone alla seduta Torneraj – non sono rimasti provocazioni isolate, ma hanno espresso una visione: ribaltare l’uso quotidiano, liberare i gesti, trasformare l’ambiente domestico in un terreno di gioco e immaginazione. La stessa tensione si ritrova nell’architettura, dove Derossi cercava sempre di rompere gli schemi consolidati per offrire esperienze nuove.
Il Piper Pluriclub di Torino è emblematico: non soltanto una discoteca, ma un laboratorio di socialità giovanile, in cui la disposizione dello spazio, le luci e il suono costruivano un’esperienza collettiva inedita. Allo stesso modo, il Villaggio Olimpico del 2006 ha portato in città un’architettura colorata, vibrante, che concepiva l’abitare temporaneo come occasione di incontro, non come semplice soluzione logistica.
Un altro tratto distintivo della sua opera è stato l’uso del colore come strumento progettuale, capace di dare identità e vitalità agli spazi. Lontano da un’idea di architettura neutra, Derossi credeva che la dimensione visiva ed emotiva fosse parte integrante dell’esperienza.
Lo studio Derossi Associati, fondato con i figli Paolo e Davide, ha incarnato la sua visione aggregando al suo interno generazioni diverse, confermando l’idea che l’architettura fosse prima di tutto un processo condiviso.
Lo ricordiamo con gratitudine, consapevoli che il suo esempio continuerà a orientare chi crede nell’architettura come luogo di relazione, di libertà e immaginazione.